venerdì 30 settembre 2011

Psico-cardiologia plantare

L'analogia sarà un po' triste, è vero... ma complice l'alcool che hai in corpo abbassi gli occhi e pensi che sì, il cuore è un po' come un piede in una scarpa scomoda. Hai presente una di quelle scarpe carine ma che costano poco, quelle che ti prendi per sfizio al mercato a poche manciate di euro? Decidi di metterle per uscire una sera; sì, ti piacciono proprio, ti fanno sentire bene, e in fondo un po' ci speri - te lo senti!! - che stavolta vada diversamente dal solito...

"ma sì, dai... alla fine sono comode quel tanto che basta... e poi stasera non devo mica fare i chilometri".

Ecco, l'hai detto.

Ora, a random, ti troverai a dover parcheggiare inculoailupi per un non troppo inusuale intasamento di auto posteggiate nei pressi della meta stabilita, oppure finirai in un locale in cui la posa-base sarà "due ore fisso in piedi con bicchiere in mano", o chissà che altro ancora ...
Le vie della fatalità sono infinite. Lo sai.

E come d'incanto... voilà! la scarpa nuova carina-ma-economica ti ha tirato lo scherzone:

VESCICA.

Sempre nel punto più vulnerabile e che fa più male.
Perchè ci hai voluto credere? Lo sapevi già che sarebbe finita così. Tutte le volte finisce così. Ma no!, tu sei incorreggibilmente testarda e ogni volta devi sbatterci contro il muso! ..pardon, il tallone.


Ed eccola qui, l'analogia col cuore.
Scarpa economica, sentimento nascente. Vescica... inevitabile conficcamento della scheggia di un'illusione infranta.
Cuore e piede funzionano uguale, eureka!! Lunga vita alle scoperte scientifiche post- coca e Jack.

Ma sai qual è la cosa più bella? Che da questa scoperta puoi ricavarci un consiglio...

Dopo l'allegra esperienza della zoppìa per tutta una serata, una persona sensata prenderebbe le scarpacce responsabili e le butterebbe senza troppi rimpianti.
...ma quando mai ti sei annoverata tra le persone sensate?
L'incorreggibile testardaggine di cui sopra ti afflligge come un morbo e tu le ri-indosserai. Le rimetterai perchè, dopo il bruciore della carne viva sbucciata, sai che il tuo corpo in quel punto inspessirà la pelle; il corpo, molto più saggio di te, sarà costretto a correre a quei ripari che tu, spavalda come solo una demente può essere, ignori beffarda.
Ecco. Il corpo ti ha insegnato una lezione. Se inspessisci il punto debole, dopo non farà più male. Dunque ricoprilo, il punto debole, sostituisci alla pelle morbida rosea e attraente una scorzetta dura, bruttina ma efficace: non patirai più.

Quello che per il piede è un durone, per il cuore si chiama cinismo.

Psico-cardiologia plantare.
...forse la devi smettere col coca e Jack.

martedì 20 settembre 2011



...e poi boh.

Mi son sempre state simpatiche le frasi che esordiscono così, chissà perchè.
Così come per le parole che di per sè mi fanno ridere, o alla sciocca reazione gioiosa che ho alla vista delle luci colorate: non c'è logica spiegazione.


Mi piace in particolare la luce arancione acido dei lampioni. Come illumina la stanza buia mentre fumo una sigaretta, abbarbicata sul davanzale, nel rito serale di togliere il guinzaglio ai pensieri per lasciarli liberi di correre un po' dove vada a loro.
E poi riflettere. Blaterare del più e del meno. E mi dico che forse il motivo è lo stesso per cui ho un bisogno spasmodico di trovare citazioni, cercandole spesso nei testi di quelle canzoni che analizzo quasi religiosamente...


E' necessità di trovare senso.




Alleviare quell'esasperata sete di senso con piccole gocce di verità distillate da chi, ben più bravo di me, riesce a dare una forma comprensibile - e condivisibile - ai suoi pensieri... a quell'obitale di sensazioni, emozioni, percezioni che accomunano vite lontane anni luce tra loro.

Arrivare al punto.

...e mi dà un brivido scoprire che in questo sentirci tanto unici non siamo poi così soli.



Così, mentre le riflessioni si intrecciano ai fili di fumo, prendo la biro e i fogli e comincio a scrivere, e disegnare, e cancellare graffiare ricucire... e me ne frego della forma, me ne frego delle finalità... li lascio andare.

Ora che il tavolo è pieno di questi scampoli di pensieri non voglio dar loro il tempo di sembrarmi sterili, quindi spalanco questa finestra virtuale e via, butto fuori tutto, che se ne vadano lontano da me portati dal vento leggero della sera, lo stesso che smuove la girandola gialla che mi strappa tanta infantile, ingenua simpatia. Ritagli di me a perdere.


E mi sta bene che sia inutile, autoreferenziale, patetico... male che vada, semplicemente insulso.
E' che in fondo mi piace pensare alla possibilità che in qualche modo, da qualche parte, qualcuno possa trovare una piccola goccia potabile di senso anche nelle scombinate dissertazioni di una folle qualunque.